domenica 23 settembre 2007

Il silenzio è colpevole







Nome









Nome comune

Mi chiamoMargherita.Epigone di zia paterna,a diciannove soli anni,perita.

Nella famiglia storicizzato, è
lessico riconosciuto,così eredità o onore,io nascendo,ho ricevuto.
Ma ogni volta che l'eco genera fonema, m'irrigidisco, io sono memoria d'una pena.Trattandosi di ciò che mi descrive,ho cercato pregio,lustro,etimologie.Ciò che ho scovato è un senso ondulante, che sale e scende nelle fortune, pivo d'afflato e forse incoerente.
Etichetta aulica o popolare,certo più spesso riferita al fiore, facile di prato, ma anche altrove.Sinonimo di astro che fa di centro un sole.
Presso i lati ni di perla si è citato, così l'argomento sui fondali s'è spostato.Ma di qualità speciali, non ho sentito.
Lo sento nome lungo, impegnativo,ingombrante, difficile,
anche nel tentativo d'affidarsi ad un diminutivo.
Così esteso anche da citare,
ho spazi esigui anche per firmare.
Decisamnete un nome complicato, da portare.
Analizzato nei segni di stesura, spreco d'inchiostro e di scrittura.
Forma arcuata, come di fuga,prospettico e lungo come angolo di strada.



Esordiente,l'M ed iniziale,scivola e s'appende alla A seguente.Che nel dittongo diventa gutturale.Vira sull'R, che gira raccordante.Si approssima alla G, che spacca sul suono imminente, affidato all'H, che scaligera mima, annichilita, senza alcun verbo, ma di talento se reca con sè cambio di senso. Dura e dentale nel consonante, grida una I, nel ligneo di una T ridondante. Che si fa cardine, su porta girevole, dell'apertura dell'ultima A, senza chiusura. Ciò ch'è imposto dai genitori, spesso può dare riflessi futuri. Come timbro, tara o neo. E' un nome che non sento mio. Eppure sono io. Avuto senza libertà. arbitrio o patto.Ma figlio solo d'un gesto coatto.


Iris

Idea d'azzurro e forse viola.
La V di van Gogh è tutta sua.
Plastico,denso,storia dell'arte
memoria di scuola.
Di te hai colmato angolo antico.
Ricorri dipinto,assemblato ad acque
in vasi di vetro.
Modello sfruttato, di morte nature.
Ti sei seccato, nei miei cassetti,
non solo dal tempo,
ma anche dal fatto
che io ho scordato
d'infanzia il tuo anfratto.
Svettavi in un giorno soltanto,
sgusciando dall'ombra,
da edera, e geki,
dal pozzo di ieri.
Spuntavi là fuori,
al muretto cintura,
trincea e frontiera,
all'acqua scura.
Al buio,fantasia e paura.
Velluto blu eri
trono alle api.
Per me un sigillo
come promessa,
avresti creato,
scorcio felice,
e per sempre
immutato.









Il silenzio è colpevole.


Se omette la verità.
Se giova all'omertà.
Se camuffa l'onestà.
Se dell'uomo fa un non-pensante.
Se uniforma nell'incosciente.
Se sempre ammutolisce,
generando chi non capisce.
Il silenzio si veste di buio,
sempre è embrione di odio.
Si fa deserto dentro ad un recinto,
dove la terra è bruciante,
e vi arde sdegno rovente.
E' l'antitesi della coscienza,
perchè copre la più grande violenza.
E rende impossibile il perdono,
esigendo rispetto e comprensione
ma scorda di aver assunto il peccato,
che già biblicamente è biasimato.
E' colore di chiusura,
acceca e intontisce nell'oppio ci cattura.
Se allestisce teatro di mimo,
quello affidato al plurimo,
evolve in associazione,
figlia in clan di rei,
dei festival
delle omissioni.


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